"O"  di OlioPop

"O" di OlioPop

*OLIOPOP IL MANIFESTO* è una serie di considerazioni scritte nel 2016, per la maggior parte.

Si tratta della formalizzazione di  un percorso compiuto, di rivisitazione degli scopi aziendali, del mercato di riferimento, del nostro posizionamento etico ed ideologico.

La riproponiamo qui, così come era stata pubblicata sul nostro vecchio blog nel 2016. Perché noi siamo sempre OlioPop, se possibile anche di più!

Prima o poi ci faremo una serie di magliette :) o un manifesto aziendale serio!

 

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Azienda agricola biologica La Poppetta, questo il nostro nome originario, quello dell’uliveto più grande.
La storia del nome è simpatica: La Poppetta è un terreno tufaceo che in origine era utilizzato per la battitura dei cereali (orzo, grano…) dalla comunità farnesana. Per renderlo adatto ad ospitare le prime 400 piante di olivo varietà caninese, il terreno fu scassato ed affinato (con i caterpillar, un evento per l’epoca), fino a raggiungere la consistenza necessaria.
Si racconta di come Giuseppe Mezzabarba, tre generazioni fa, a lavoro terminato avesse preso una manciata di terra ed esclamato: “Ora si che è una poppetta!”, ad indicare l’acquisita dolcezza e ‘morbidezza’ del terreno pronto
per l’impianto olivicolo.

La Poppetta dove altro poteva dirigersi, settant’anni dopo se non verso OlioPop?
Nomen omen, si sarebbe detto nell’antichità.
Necessaria premessa questa, per iniziare il percorso attraverso i concetti racchiusi in OlioPop.

Il primo di questi concetti è la verità.
La distanza tra consumatore e produttore, nel migliore dei casi è colmata dalla comunicazione, che dovrebbe in tutto e per tutto offrire un sostituto della
partecipazione. Non sei qui a vedere come viene prodotto l’olio che poi metterai in tavola? Io attraverso il sito internet, le foto, i social e chi più ne ha più ne metta, cerco di farti capire cosa sta succedendo, cosa facciamo, come lo facciamo.
È bene. È male?
Per dirla con le parole di Slavoj Zižek (L’epidemia dell’immaginario) “Come ci si può, oggi, sottrarre al profluvio di immagini, notizie, informazioni mediali, o persino realtà simulate? Dove si trova l’autenticità a cui ancorare definitivamente una ritrovata fede in noi stessi e nella realtà che ci circonda?”

La verità è sorella dell’etica dal lato di chi comunica, e della fiducia dal lato di chi riceve. Da produttori, cerchiamo di essere cristallini, l’obiettivo da raggiungere è che chi ci segue e si informa e partecipa attraverso uno schermo abbia la stessa immagine di chi ci viene a trovare in azienda, chi cammina in mezzo al frastuono delle macchine olearie in movimento al frantoio o chi si avventura in mezzo ai nostri ulivi. Cerchiamo di dare un’immagine che non sia tanto appetibile e vendibile, quanto vera!
Da consumatori, pretendiamo lo stesso. Chiarezza, verità. Per esempio, che magari risulta più facile da afferrare, che un mega orto industriale non si presenti con l’immagine dell’orticello dietro casa, coltivato con addosso la salopette e il cappello di paglia in mezzo al cinguettio degli uccelli.
Di nuovo un’immagine vera, non scollata dalla realtà!
Sapere cosa si acquista e da chi si acquista è un diritto sacrosanto.
Perché chi vuole scegliere possa farlo.
Per tutto il resto c’è il supermercato baby.

 

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